Primo Piano

Innovazione alla Piemontese

di Moreno D’Angelo

Tutti parlano di incentivare l’innovazione fattore chiave di successo economico sociale. Ma concretamente quali reali proposte e iniziative sono state sollevare e dovrebbero attuarsi per dare gambe e prospettiva al mondo delle start up innovative e della ricerca, che a Torino e in Piemonte che continua a crescere? Un mondo che non chiede solo fondi ma anche spazi per le sperimentazioni, aiuti, consigli, sostegni a più livelli. Questo anche per evitare che i frutti e i protagonisti del sempre dinamico genio italiano s’indirizzino verso altri Paesi pronti a sostenerli adeguatamente.

Su questi temi abbiamo interpellato, sulla base di un approccio quanto mai pragmatico, politici piemontesi particolarmente attivi, sensibili e propositivi sui temi del sostegno all’innovazione e alle giovani imprese: la sindaca di Torino Chiara Appendino, la parlamentare dem Silvia Fregolat, la rappresentante di Forza Italia, ex assessora regionale al Lavoro Claudia Porchietto e il Consigliere regionale del Pd Raffaele Gallo. Ne emerge un quadro variegato di iniziative, proposte, critiche sollevate in modi toni molto diversi che toccano questioni come la  fiscalità differenziata, l’accesso al Fondo di Garanzia, crediti d’imposta per assunzioni qualificate, fino al dell’equity crowdfunding (raccolta finanziamenti online in cambio dell’acquisto di titoli di partecipazione nelle società) e a servizi mirati di internazionalizzazione. Mentre il dito resta puntato su una burocrazia troppo lenta per i tempi richiesti da chi vive di pane e innovazione.

Raffaele Gallo: “Siamo sulla strada giusta, ma serve un territorio più start up friendly”

Il Consigliere regionale del Partito Democratico Raffaele Gallo abbiamo posto alcune domande per fare il punto su iniziative e proposte per migliorare il quadro della complessa realtà dell’innovazione piemontese.

Gallo, torinese classe 1979, si è laureato in economia aziendale e anche se giovane vanta una significativa esperienza specie in materia di credito e finanziamenti agevolati alle imprese.È stato eletto in Consiglio regionale, in quota Den, nel 2014 con 5.397 preferenze.

Il quadro dell’innovazione a Torino è quanto mai dinamico e mostra potenzialità dagli sviluppi impensabili. Dal vostro osservatorio privilegiato, coinvolto nella promozione dell’innovazione sul territorio come Consigliere regionale, cosa pensate in merito?

L’innovazione è un elemento centrale per lo sviluppo dei nostri territori e la competizione su scala europea. L’innovazione si declina in tanti aspetti, tecnologici, sociale culturali e nell’ambito del turismo e della ricettività. E’ necessario investire sempre in innovazione in un quadro di politica industriale più ampio Su tutti questi aspetti abbiamo lavorato sia dal punto di vista normativo sia di stanziamento di risorse con un disegno preciso per il Piemonte.

In concreto con quali iniziative si dovrebbe operare per supportare adeguatamente una realtà della ricerca in continua evoluzione?

In questi anni, su mio proposta, abbiamo introdotto e finanziato, per esempio, due norme innovative: una a sostegno dello sviluppo commerciale delle start up, per farle crescere e diventare impresa; e l’altra per i giovani ricercatori, a sostegno delle iniziative di proof of concept, per sostenere le dimostrazioni tecniche dei tanti brevetti e opere dell’ingegno che i nostri giovani ricercatori producono, ma che molto spesso non si trasformano in start up o in trasferimento tecnologico a supporto del nostro tessuto imprenditoriale. Piu in dettaglio il sostegno al Proof of Concept, appena approvato nella legge di bilancio 2018, è particolarmente innovativo in Italia e mira a eliminare la “Death Valley” tra ricerca e applicazione dei risultati  e a favorire la diffusione della cultura dell’imprenditorialità dei nostri ricercatori. Sono molto fiducioso rispetto a queste due norme.

Come mai un tema così importante per il futuro e per la concorrenzialità della nostra economia è stato di fatto ignorato dal dibattito politico se non con vuoti e generici appelli?

Si tratta di un tema molto specifico, di cui si è parlato sotto il cappello “Industria 4.0”, ma che in realtà va ben oltre l’industria, perché abbraccia molti ambiti. Pensiamo per esempio al modo delle strutture ricettive innovative, che è in fortissima crescita in tutto il mondo e sul quale stiamo legiferando proprio in queste settimane con il regolamento attuativo proprio nella mia commissione Attività Produttive. Anche questo per esempio è innovazione che genera posti di lavoro e risponde a un trend internazionale rispetto al quale il Piemonte ha ampi margini di crescita.

Le strutture incubatori presenti a Torino sono fondamentali per evitare che giovani innovatori se ne vadano all’estero?

Sono centrali. Oggi li abbiano aperti anche ai giovani non universitari disoccupati, che però hanno idee di carattere innovativo, ampliando la platea delle persone a cui ci rivolgiamo. Manca ancora il passaggio successivo, cioè l’acceleratore e più in generale politiche che mirino a mantenere sul nostro territorio le start up senza che vengano acquisite o vendute a terzi.

Una idea innovativa può avere sviluppi inauditi e non solo sul piano tecnologico ma anche sul piano del sociale e della sicurezza?

Certamente, per definizione ogni innovazione porta con sé risultati non prevedibili prima, magari anche diversi dagli obiettivi iniziali. Proprio per questo è centrale investire e mettere in rete le idee e le risorse del nostro territorio in tutti gli ambiti. Esiste un ambito in forte crescita chè è proprio l’innovazione sociale che mira a offrire soluzioni nuove in questo ambito e sul quale abbiamo investito molte risorse europee con buoni risultati.

Non pensate che servano maggiori risorse e attenzioni mirate?

Quello che credo manchi ancora oggi è una politica di procurement pubblico innovativo. L’abbiamo inserito nella mission di SCR, ma deve ancora partire. Per il resto credo che tutta la filiera università/brevetto/proof of concept/incubatore e sviluppo commerciale sia completa sia come misure legislative che risorse.

Siete ottimista sugli sviluppi del settore? Quale dovrebbe essere la condizione ideali che vedreste ottimale per supportare questa magmatica realtà di ricerca e innovazione?

Penso che nei prossimi anni avremo dei buoni risultati frutto delle politiche avviate. Credo si debba continuare a investire in questa direzione, magari creando anche degli strumenti finanziari ad hoc con Finpiemonte, anch’essi innovativi.

Nel confronto con il resto dell’Europa più che gli strumenti spesso è il contesto dei servizi che si mostra carente specie per le giovanissime imprese?

È importante creare un territorio sempre più “start up friendly”, anche con norme nazionali ad hoc. Ma penso che con il Piano Industria 4.0 si sia intrapresa la strada giusta.

Claudia Porchietto: “Ecco come si aiutano davvero gli startupper piemontesi”

Claudia Porchietto, esponente di primo piano di Forza Italia in Piemonte, dal 2014 Consigliere regionale, ex assessore al lavoro e formazione professionale, abbiamo posto alcune domande sul quadro dell’innovazione in Piemonte cui ha risposto sollevando diverse criticità e rilanciando alcune proposte per il recupero della componentistica di macchine rottamate, attraverso nuovi impianti di riciclo a basso impatto ambientale già operativi in Francia.

Lei che è torinese, nata a Venaria Reale, nel suo ampio percorso politico e professionale ha seguito con grande attenzione e passione le questioni riguardanti imprenditoria giovanile, ricerca e innovazione. A che punto siamo?

«Torino ed il Piemonte potrebbero sfruttare queste risorse giovani e brillanti che devo dire qui da noi nascono facilmente ma altrettanto facilmente ahimè molto spesso scemano. Credo però manchino alcune cose fondamentali come una finanza veramente attenta ed interessata a far crescere giovani imprenditori e start up. Non sono d’accordo quindi con chi afferma che il problema non siano le risorse che, secondo me, rappresentano il principale dei problemi. Se fossi un giovane startupper e, dopo avere fatto decollare la mia intuizione con fatica, impegnando economicamente tutto quello che avevo, trovassi la grande impresa che mi proponesse di firmare un contratto di cessione dell’azienda e del brevetto e contestualmente mi offrisse una posizione manageriale economicamente molto molto allettante, cosa farei? Semplicemente chiederei dove devo firmare!!!! Questo è quanto mi sono sentita ripetere molte volte negli anni in cui ho fatto l’assessore regionale ed avevo messo a bando centinaia di migliaia di euro per far partire le nuove imprese delle nuove generazioni. Non avevo però la forza come Regione di intervenire nella fase di consolidamento e sviluppo successivo e questo resta uno dei punti critici per consentire il salto di qualità e per tenere da noi le imprese».

Quali sono le altre note dolenti che in Piemonte pesano su un settore chiave per le sfide del presente e per fronteggiare il futuro, anche in confronto alla piazza milanese?

«Siamo una realtà poco stimolante ed allettante per chi ha bisogno anche di questo humus per produrre idee nuove e di successo. Abbiamo Milano vicino a noi ma non riusciamo a cogliere l’essenza della competizione della positività che invece pervade il capoluogo lombardo. Vi è poi un ulteriore fattore: le istituzioni sono lente. Lente nel decidere, lente nel generare opportunità, lente nel mettere a bando risorse e strutture che possano sostenere i giovani imprenditori».

Nonostante un quadro quanto mai problematico non sembra sia pessimista?

Pessimista no perché abbiamo giovani e università molto competitive, mentre i punti critici che ho sopra individuato potranno essere affrontati e superati. Occorre però un gioco di squadra in cui ognuno abbia il suo ruolo e dove il regista, il numero 10, dovrebbero essere intercambiabili tra Comune e Regione.

Lei è molto orgogliosa del contesto italiano e delle sue eccellenze, ma intanto in Germania..?

«Lo ammetto con orgoglio: sono molto patriottica e poco esterofila e guardo sempre con molta diffidenza alla Germania, pur riconoscendo la loro capacità di fare sistema, di mettere a fattore comune le eccellenze e la capacità di valorizzare e di esaltare il capitale umano per far decollare l’industria o l’impresa in senso lato. Anni fa, quando accennavamo timidamente a percorsi innovativi di scuola superiore o a master post diploma specializzandi loro, a Berlino, creavano attorno alle università e al Politecnico una sorta di ciambella tecnologica, con imprese quasi artigianali ma fortemente innovative, start up, che lavoravano a stretto contatto o addirittura in partnership con i dipartimenti universitari. Tutto questo creando nuove professionalità, facendo crescere il comparto tecnologico, e formando una nuova classe imprenditoriale e dirigente. In tal senso ritengo prioritaria una forte vicinanza del mondo accademico alle pmi come elemento scatenante di una nuova tipologia di impresa. Da noi le università hanno sempre guardato con un po’ di sufficienza le piccole e medie imprese e quest’ultime con diffidenza guardavano il mondo accademico. Oggi entrambi i poli devono essere complementari».

Oggi tutti parlano di start up ed è in corso un’esplosione del fenomeno, ma seguire il consolidamento di una giovane impresa richiede molte risorse. Fondi ma anche spazi per le sperimentazioni, consulenze e consigli perché una parte sempre più grande di queste realtà riesca a imporsi sul mercato?

«Attenzione non confondiamo l’apertura di una Partiva Iva innovativa con l’esplosione del fenomeno start up. Occorre andare almeno a 24 mesi dall’evento per capire quali siano i dati reali e, come in tutte le fenomenologie, anche in questo caso i numeri finali risultano sempre meno positivi ma pur sempre interessanti. Tuttavia il successo passa nel saper su questi numeri costruire filiere, far crescere l’occupazione, creare area fiscalità differenziata per mantenere sul territorio le nuove nate, agevolare e semplificare il percorso burocratico per far sì che gli innovatori possano dedicarsi ai processi produttivi e non alle scartoffie improduttive.

Occorre investire in innovazione e ricerca” viene ripetuto come un mantra da tanti politici ma spesso si tratta solo di generici appelli, per altro quasi ignorati nel corso dell’ultima campagna elettorale?

«Nell’ultimo contesto elettorale si è parlato poco o nulla di politiche innovative e industriali, devo dire che mi sentivo veramente una specie in estinzione quando anziché parlare di reddito di cittadinanza o di inclusione, parlavo di come dare un lavoro dignitoso agli italiani e non l’elemosina… Questa però la dice lunga rispetto alla rassegnazione che una parte del nostro paese ha fatto sua rispetto alla possibilità di crescere ancora all’interno di un mondo produttivo sempre più spinto e globalizzato.

Far crescere le imprese innovative in Italia. Con quali concrete iniziative politiche di supporto?

Io credo che il nostro Paese posso dire la sua nei campi tradizionali della produzione cosi come nei campi innovativi. Occorre però attuare tra tante politiche, anche quella del re-shoring, vale a dire dell’incentivazione al rientro delle imprese in Italia. Per fare innovazione abbiamo bisogno anche delle medie grandi imprese che stimolano i settori e, se non troviamo elementi accattivanti per riportarle in Italia, sarà sempre più difficile fare innovazione.

Rispetto all’attuale fase di stallo politico e dell’avanzare di forze molto critiche rispetto all’Europa non pensa che tanti giovani dinamici che lanciano idee e progetti siano e si sentano a tutti gli effetti molto più europei di quanto il clima politico dominante esprima e possa capire? Un approccio pragmatico che porta ad allontanarsi dalla politica?

Anche in un momento così difficile per lo stallo politico sono certa che riusciremo a trovare un messaggio, un percorso che porterà i nostri giovani a credere ancora nel Belpaese. Dobbiamo essere però noi i primi a crederci ed a giocarci le carte migliori, senza timori e deferenza nei confronti di altri Paesi europei. Ecco ciò che manca all’Italia, ma soprattutto alla classe politica ed ai Governi che si sono susseguiti negli ultimi anni, una nuova consapevolezza e l’orgoglio di rappresentare il Belpaese, secondi a nessuno senza arroganza ma con autorevolezza e credetemi molto spesso anche il modo di porsi, nel mondo del lavoro come nel mondo della rappresentanza può modificare il corso in modo sostanziale il corso degli eventi.

Torniamo alle sue radici in un Piemonte che intende affermare il suo mix di tradizione e innovazione: quali interventi e quali presupposti ritiene siano possibili e prioritari sul territorio coinvolgendo le realtà innovative emergenti?

Il mio obiettivo è di poter lavorare in Commissione attività produttive ad un nuovo modello italiano di fare impresa e di costruire le reti di imprese, coinvolgendo le menti fresche e dinamiche ma costruendo nuovi processi sulle ceneri dei precedenti. Un esempio? La Bassa Val di Susa: Qui vorrei portare un progetto che operi sul recupero e sulle nuove tecnologie di produzioni e a basso impatto ambientale, laddove fino a pochi decenni fa sorgevano industrie metalmeccaniche pesanti che oggi hanno lasciato il posto a stabilimenti vuoti, eloquenti scheletri di fantasmi del declino post industriale. Pensate invece nella patria dell’automobile, la Provincia di Torino, avviare percorsi virtuosi con nuove tecnologie per il recupero della componentistica delle macchine rottamate, attraverso nuovi impianti a basso impatto, già esistenti in Francia, che sembrano più una clinica privata che un’evoluzione dei nostri “sfascia carrozze”. Risultato? Recupero al 95% dei componenti così come richiesto e previsto da Horizon 2020. (Programma Quadro europeo per la Ricerca e l’Innovazione, n.d.r.). Un modo di dare nuova vita ai ricambi rigenerati in un contesto caratterizzato da un reale riciclo dal basso impatto ambientale. E’ questo un esempio di un progetto che tentai di far partire nel 2014, pochi mesi prima del cambio di Giunta regionale, che mi è rimasto nella mente. Un progetto che intende far ripartire un nuovo concetto di utilizzo dell’auto nella provincia principe delle auto.

Chiara Appendino: “Torino deve diventare una città laboratorio”

Un altro tassello del quadro “innovazione” nel nostro territorio viene collocato dalla sindaca di Torino Chiara Appendino. L’amministrazione pentastellata ha firmato il protocollo di intesa tra la Città e diversi partner per l’avvio della sperimentazione di auto senza pilota sulle strade torinesi.

Racconta Appendino: «Si tratta di un risultato di cui andare orgogliosi e che proietta Torino in un contesto di innovazione e sviluppo senza precedenti nel nostro Paese. In maniera molto sintetica: più investimenti, più posti di lavoro e nascita di un indotto per un settore innovativo e in rapida evoluzione».

«Sulla scia del decreto “Smart Road”, emanato dal MIT, la Città di Torino ha firmato un accordo tra partner per partecipare alla crescita di questo settore in modo organizzato. Un settore, è bene ricordarlo, che ha un valore di mercato stimato di 7 trilioni di dollari e che prevede una forte crescita nei prossimi anni. Torino sarà pronta», aggiunge la sindaca.

«C’è un elemento in particolare tuttavia su cui voglio concentrarmi, ovvero i motivi che hanno hanno fatto cadere proprio sulla nostra Città la scelta di questa sperimentazione.

Si tratta di 12 parametri che il nostro contesto urbano soddisfa e che fanno capo, tra gli altri, a: infrastruttura per la connessione in fibra ottica (ricordiamo il recente accordo con Open Fiber per l’estensione della rete), sperimentazione del protocollo 5G, alto livello di interconnessione, i sistemi di monitoraggio del traffico veicolare di 5T, i semafori intelligenti, gli impianti di sensoristica, telecamere smart e rilevatori ottici. Ultimo, ma non per importanza, l’ormai noto know-how tecnologico presente sul territorio, che già in altre occasioni negli ultimi tempi è stato l’ago della bilancia che ha promosso Torino agli occhi di investitori e partner internazionali».

«L’obiettivo è quello di diventare una città laboratorio dove le innovazioni potranno trovare un ecosistema favorevole alla loro crescita e alla naturale evoluzione in termini di ricerca, sviluppo, produzione e distribuzione. Quello della guida autonoma è un tema aperto e in rapida evoluzione. Il mercato dell’auto sta assistendo a cambiamenti radicali che porteranno presto tutti noi a un cambio di paradigma nel pensare alle automobili». Quali sono i vantaggi? Gli elenca la stessa Appendino. «Accessibilità: la guida autonoma permetterà a persone con disabilità, anziani e giovani una maggiore possibilità di movimento. Ambiente: una maggiore sincronizzazione del traffico permetterà anche minori emissioni, oltre alla facilitazione di sistemi di condivisione. In un mercato che sta già virando su soluzioni a basso impatto ecologico, anche grazie all’elettrico. Sicurezza: lo sviluppo della tecnologia creerà le condizioni per un incremento sensibile della condizione più importante. Ciò è dovuto a diverse tecnologie e in particolare alla comunicazione in tempo reale tra veicoli (V2V), tra veicoli e infrastruttura (V2I) e in supporto al guidatore in contesti complessi, quali velocità molto basse, molto alte o in aree molto trafficate».

«Quella dell’innovazione è una partita che spesso è più silenziosa di altre ma è estremamente importante in un contesto mondiale in cui la tecnologia sta cambiando il modo di vivere di milioni di persone in tutto il mondo. Noi ci abbiamo creduto fin dall’inizio e non abbiamo mai smesso di aggiornarvi sui rapidi cambiamenti della Città. Dalla sensoristica ai team di analisi dati, dalla prima sperimentazione italiana della rete 5G all’estensione della fibra ottica, fino alla digitalizzazione di servizi fondamentali per i cittadini, come quelli dell’anagrafe».

Silvia Fregolent: “Una proposta di legge per lo sviluppo di smart city di ricerca e innovazione”

Il tema innovazione è sempre più fattore chiave di successo per l’immediato futuro economico e sociale. Una continua sfida globale che si sviluppa in tempi sempre più rapidi che non ammettono deroghe se non si vuole restare indietro. Un discorso anticipato da Joseph Shumpeter, l’economista austriaco che intuì la centralità dell’innovazione nell’alternarsi dei cicli economici. Qual è il suo pensiero in merito?

E’ palese che l’innovazione abbia, in ogni campo ed in ogni era, permesso alla civiltà di progredire aumentando qualità ed aspettativa di vita. Innovazione può significare salute, benessere, crescita economica ed opportunità di mobilità sociale, ma può al tempo stesso evidenziare ed accrescere il divario fra ricchi e poveri qualora i vantaggi ed i benefici del progresso non fossero accessibili a tutti. E’ in questo contesto che il ruolo dello Stato risulta centrale per incentivare le realtà economiche e produttive, soprattutto di piccola e media entità, ad investire nell’innovazione per essere competitive.

Intanto si assiste all’esplodere del fenomeno inarrestabile della nascita di una miriade di start up innovative che chiedono sostegno. La città di Torino si mostra quanto mai attenta  e  dotata su queste tematiche grazie alla presenza del Politecnico e di incubatori e acceleratori d impresa di grande prestigio. Tuttavia supportare adeguatamente questo settore, oggetto di sostegno e attenzione pubblica (Regione) e di più soggetti privati, richiederebbe ulteriori risorse non solo economiche ma anche legate ai servizi o agli spazi per le sperimentazioni. Lei come vede la situazione?

Ritengo che le start up, qualora vengano sostenute ed inserite in un contesto altamente formativo e performante come ad esempio una “rete” sinergica fra atenei, imprese ed enti locali, possano rappresentare un volano irrinunciabile per esprimere una delle maggiori qualità che il mondo riconosce al nostro paese: la creatività a servizio della comunità. Attualmente il quadro normativo nazionale non prevede un modello di coordinamento efficace di tutte le iniziative di innovazione causando difficoltà anche per gli enti locali di accedere a risorse finanziarie necessarie. Ed è per questo motivo che ho presentato una proposta di legge per favorire lo sviluppo delle smart city come luogo di interazione e collaborazione tra università, settore pubblico ed iniziativa privata.

Non le sembra che oltre alla carente risorse pubbliche si affianchi un ritardo nella sensibilità politica sulla vera importanza di questo comparto. Insomma innovazione e sostegno alle start up sono realmente viste come una priorità?

Al tema delle start up innovative ho dedicato gran parte del mio impegno parlamentare nella scorsa Legislatura, promuovendo una legge che ha permesso a questa tipologia di imprese di accedere a misure fino ad allora destinate solo alle Pmi tradizionali. Grazie a questa norma oggi anche le Pmi innovative possono beneficiare di notevoli agevolazioni e risparmi per gli adempimenti burocratici; possono usufruire  di un credito d’imposta per l’assunzione di personale altamente qualificato; possono accedere in maniera semplificata al Fondo di Garanzia per le piccole medie imprese ed hanno l’opportunità di remunerare i propri collaboratori ed i fornitori esterni con strumenti di partecipazione al capitale sociale. Sono inoltre previsti servizi specifici per l’internazionalizzazione, in materia normativa, societaria, fiscale, immobiliare, contrattualistica e creditizia. Con questa legge anche le Pmi innovative possano quindi avvalersi dell’equity crowdfunding, raccogliendo finanziamenti online in cambio dell’acquisto di titoli di partecipazione nelle società. In questa direzione sono previsti anche notevoli incentivi fiscali (che sono stati anche incrementati con la Legge di Bilancio per il 2017 ) per chi decide di investire il proprio capitale. Queste misure hanno giù dato benefici, occorre ora potenziare questi strumenti a sostegno delle imprese.

Non le sembra che nonostante tutti a livello politico parlino di “investire in innovazione e ricerca” spesso esprimano solo vaghi propositi? Non a caso nelle ultime elezioni politiche la questione è rimasta quasi nascosta nei programmi e proclami dei partiti?

Veramente nella scorsa campagna elettorale molti politici hanno preferito parlare di proposte irrealizzabili come dimezzare le tasse o pagare i cittadini per non lavorare. Gli algoritmi devono essere utilizzati per risolvere problemi e non per influenzare le persone. Detto questo gli obiettivi europei che prevedono investimenti del 3 per cento del Pil in ricerca e sviluppo sono ancora lontani ma non impossibili. In questi anni di governo il Pd, pur con i limiti imposti della crisi economica, è riuscito a mandare un segnale invertendo la tendenza rispetto alle politiche precedenti. Per fare alcuni esempi solo nell’ultima Legge di Bilancio sono state stanziate risorse per l’assunzione di oltre 1600 nuovi ricercatori, per l’aumento delle borse di dottorato; mentre nel corso della scorsa Legislatura il Programma Nazionale per la Ricerca 2015-2020 ha previsto un finanziamento di 2,5 miliardi di euro per guidare la competitività industriale e lo sviluppo del paese attraverso gli strumenti della conoscenza.

Quali ritiene siano gli strumenti da attivare o da migliorare per supportare l’innovazione piemontese? Una Regione che resta all’avanguardia grazie alla presenza di tanti soggetti qualificati che a vedono a Torino consolidarsi importanti realtà (incubatori, acceleratori, centri di ricerca) in cui le start up innovative continuano a crescere sviluppando reddito e occupazione specie tra i più giovani in modo sempre più significativo. Investire nelle start up conviene anche se persistono rischi. Ma cosa servirebbe per dare un ulteriore slancio all’innovazione e al Made in Italy?

Non esistono ricette miracolose. La creatività non si può comprare, ma si possono creare tutte le condizioni affinché possa esprimersi. Il Piemonte, secondo gli ultimi dati, è leader in Italia per imprese innovative anche grazie all’operato delle Università del territorio ed alle iniziative assunte in questi anni dalla Regione a sostegno delle start up nel settore della conoscenza, manifatturiero, digitale, culturale, turistico e sociale. Come ho già avuto modo di dire occorre una legge nazionale che, anche prendendo spunto dal modello piemontese, promuova un coordinamento efficace di tutte le iniziative di innovazione presenti sui territori. Occorrono poi nuovi investimenti. Penso in particolare al rifinanziamento del programma “Smart&Start”, istituito dal Ministero dello Sviluppo economico per promuovere, su tutto il territorio nazionale, le startup innovative. Ulteriori risorse possono essere poi recuperate attraverso i Pir (una forma di investimento privata incentivata fiscalmente): un atto di indirizzo approvato da tutti i partiti in Commissione Finanze della Camera nella scorsa Legislatura vincolava il beneficio dell’agevolazione fiscale prevista sui Pir a patto che il 3 per cento degli investimenti venisse utilizzato a sostegno delle start up innovative. Visto l’ampio consenso politico ottenuto riproporrò questa misura affinché possa divenire finalmente legge.

Lei che è molto sensibile alle questioni ambientali come Ecodem (anche di questo la politica ha parlato poco e se mi permette anche lo stesso Pd) come vede il rapporto tra innovazione e ecologia. Soprattutto nell’ottica di rispondere i preoccupanti ritardi che persistono nel territorio (bonifiche, gestione rifiuti, messa in sicurezza vaste aree e del patrimonio immobiliare)?

L’ambiente, grazie agli Ecodem, è stata una delle culture fondative del Partito Democratico ed ha ispirato l’azione di governo in questi anni. Il boom della Green Economy, la promozione della fiscalità ambientale, la riqualificazione energetica degli edifici, l’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili, l’introduzione degli eco bonus, l’impulso all’economia circolare, la valorizzazione del patrimonio paesaggistico e naturale sono alcuni esempi di leggi che hanno coniugato ecologia con l’innovazione, producendo al tempo stesso buona occupazione. Sicuramente la ricerca attraverso la produzione di nuovi strumenti tecnologici, di nuovi macchinari e di tecniche per ottimizzare le risorse e ridurre gli sprechi, potrà contribuire a risolvere molti problematiche ancora attuali: come la necessità di un migliore utilizzo dell’acqua, il potenziamento della raccolta differenziata e del riciclo dei materiali, il contrasto al dissesto idrogeologico e la riduzione del consumo di suolo.

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