Progetto Empower: una possibilità davvero per tutti
Il microcredito è una realtà in forte crescita in Italia e nel mondo e si sta rivelando uno strumento sempre più efficace per supplire agli squilibri dell’accesso al credito tradizionale. In questo senso PerMicro è in prima linea per diffondere innanzitutto la conoscenza di questi nuovi mezzi di inclusione finanziaria, ma anche per agire concretamente come istituto di credito. In particolare, ha attirato il nostro interesse il progetto Empower, di cui abbiamo avuto modo di parlare con il responsabile della direzione impatto sociale, Filippo Chiesa.
Davide Cuneo: Per iniziare ti chiederei di raccontarci qualcosa su di te e sul percorso che ti ha portato in PerMicro…
Filippo Chiesa: Fin da giovane mi sono sempre occupato di economia e politica, come in effetti dimostra il mio percorso accademico che mi ha portato ad ottenere due lauree: una prima a Torino in Scienze politiche ad indirizzo economico presso l’Università degli Studi di Torino e poi in economia presso l’ESCP (École Supérieure de Commerce de Paris). Devo ammettere che questo percorso universitario per me sarebbe stato pressoché impossibile da realizzare senza le borse di studio di Compagnia di San Paolo e Fondazione CRT e sono contento di ripagare la loro fiducia collaborando con loro a diversi progetti di PerMicro.
A proposito di PerMicro, ho avuto modo di conoscerla sin dalla sua fondazione nel 2007. Al tempo i progetti di microcredito erano ancora molto relegati all’ambito locale, ma è stata proprio questa società in Italia a portare lo sviluppo di questo strumento finanziario su un altro livello. Prima di entrare a far parte di questo team ho lavorato per un’azienda di nome Step, attiva principalmente nel settore della consulenza in economia applicata, specie alla pubblica amminstrazione. Nel 2012, però, ho deciso di cambiare e ho dunque iniziato a lavorare per PerMicro, una scelta che non rimpiango affatto. Infatti, non solo apprezzo la mission che questa società si è preposta, ma anche l’ambiente lavorativo; inoltre, mi ha permesso di crescere, raggiungendo mansioni di responsabilità sempre maggiore fino alla direzione dell’impatto sociale che ci permette di promuovere la nostra mission con ogni mezzo a disposizione. Un altro ambito che amo del mio lavoro, infine, è la possibilità di viaggiare e collaborare con altri importanti player internazionali del settore, come ad esempio, come ad esempio l’EMN (European Microfinance Network).
DC: Passiamo ora all’argomento cardine dell’intervista, il Progetto Empower: potresti raccontarci qualcosa su questa iniziativa?
FC: Empower è un progetto a impatto sociale, una delle gambe su cui cammina la mia direzione. Per ora parlando di PerMicro ci siamo soffermati su aspetti di governance e di presenza internazionale, ma c’è una grossa gamma di progetti sociali che sono al centro della nostra attenzione. Infatti questi progetti sono fondamentali non solo perché ci permettono di realizzare la nostra mission, ma anche perché ci permettono incontrare persone che al momento non sono nostri clienti, ma potrebbero presto diventarlo. Al di là della logica aziendalista, è di cruciale importanza conoscere quella parte della popolazione che ha affrontato difficoltà e fragilità, anche perché altrimenti non avremmo modo di trovare nuove idee per portare il nostro aiuto. Il progetto Empower si rivolge dunque a migranti extra-UE e si pone l’obiettivo di promuovere la loro occupabilità in Piemonte. Offriamo loro servizi che coprono l’intero spettro che va dall’orientamento lavorativo, alla stesura del curriculum e dalla preparazione dei colloqui al riconoscimento dei titoli universitari e dei diplomi conseguiti all’estero. Tra le nostre attività rientrano anche l’educazione all’imprenditorialità e i diritti dei lavoratori. Se uno dei nostri assistiti ha poi un progetto è possibile valutarlo ed eventualmente guidare il futuro imprenditore verso un primo business plan. In caso sia necessario, forniamo poi ancora l’accesso al credito. Un altro servizio che eroghiamo è quello di coordinare un tavolo di lavoro che mette a disposizione dei migranti alcuni corsi di formazione specializzante in diversi ambiti, pagati attraverso contributi a fondo perduto. Come si sarà in parte già evinto, una delle caratteristiche chiave del nostro progetto è la flessibilità che ci ha permesso di aiutare circa 400 persone. Per questo progetto abbiamo collaborato con diverse realtà, come Microlab, il capofila del progetto, Inventure e A Pieno Titolo. I fondi invece provengono dal CEB (Council of Europe development Bank) e al momento dovremmo proseguire almeno fino a fine anno, avendo dato inizio al tutto già nel 2023.
Ciò che più mi piace di questo progetto è che dà risposte concrete a persone in difficoltà. A queste persone, infatti, più che gli strumenti cognitivi manca una vera e propria occasione per dare il loro meglio, finendo per anni a svolgere mansioni sottoqualificate rispetto a quanto sono effettivamente in grado di fare, con la conseguenza dal punto di vista psicologico di restare bloccati in una situazione da cui è molto complesso uscire.
DC: Un progetto davvero interessante e mosso da fini senz’altro nobili. Avresti voglia di portarci qualche testimonianza concreta?
FC: Per questioni di privacy non è opportuno fare nomi, ma una bella storia che mi viene in mente è quella di una signora peruviana che per anni, dopo il suo arrivo in Italia, ha lavorato come badante e colf, pur essendo diplomata nel suo Paese in ingegneria gestionale. Avendo lavorato bene è riuscita a guadagnare a sufficienza da stabilizzare la situazione finanziaria della famiglia; a quel punto, ha alzato la testa e ha iniziato a pensare di diventare una cuoca. Così si è recata da noi e ha deciso di acquisire degli strumenti finanziari, ha compreso cosa comporti essere imprenditore, e infine ha avuto accesso al credito necessario per aprire un chiosco che vende street food tipico del suo Paese e per fare catering. Questa è una delle nostre storie, ma ce ne sono tante altre, come quella di una ragazza ucraina scappata in Italia a causa della guerra che era in difficoltà a trovare un lavoro. Grazie a noi e al suo impegno però è riuscita a cambiare approccio e a formarsi come estetista, mansione che già ricopriva nel suo Paese, e a tornare a fare ciò che sa fare meglio.
DC: Come mi hai raccontato in precedenza, il progetto dovrebbe avere termine con la fine dell’anno. Sperando che possa essere rinnovato, ce ne sono altri in ballo per il futuro?
FC: Speriamo innanzitutto che il progetto possa essere rinnovato! Anche perché banalmente se un progetto viene rinnovato si parte già avvantaggiati. Passando invece ad altre iniziative, PerMicro, grazie a Torino Social Impact e Weco e Bank of Karditsa (in Grecia), ha deciso di dare il via ad un nuovo progetto per formare lavoratori nella filiera vinicola che dovranno però essere remunerati in modo dignitoso dalle aziende che li assumeranno per la stagione della vendemmia. Questo progetto riguarderà i lavoratori stagionali ed è stato recentemente presentato all’UE per ottenere i fondi necessari ad attivarlo. A dirla tutta ci sono altri due progetti volti ad aiutare persone fragili in rampa di lancio che dovrebbero essere finanziati dalla CEB e dalla Fondazione BNPP, ma al momento non sono autorizzato a diffondere maggiori dettagli. Posso solo dire che uno dei due dovrebbe promuovere misurazioni dell’impatto sociale e coinvolgerà diversi altri partners.
DC: Per concludere cambiamo completamente argomento. In questi giorni sta per avere inizio il Festival Internazionale dell’Economia in città, pensi di partecipare? Che cosa ti attira di più di questa kermesse?
FC: Sì, parteciperò e sono molto lieto che la città ospiti un evento del genere. Tra i temi che verranno affrontati durante l’evento personalmente quello che mi stuzzica di più è quello dell’intelligenza artificiale, un argomento che, insieme alla questione ambientale, è destinato a lasciare una traccia indelebile sul secolo venturo. Al momento ovviamente è difficile prevedere come, e io non sono certo un esperto in materia, ma sono certo che impatterà profondamente sulle nostre vite. Ci aiuterà a lavorare meglio e ad aumentare la produttività e quindi i salari, uno dei grandi problemi del nostro Paese. Sicuramente anche PerMicro trarrà profitto dal lavoro con le nuove tecnologie. Resta comunque il fatto che quello che fa la nostra società non può essere svolto da una macchina, proprio perché noi ci prefiggiamo di aiutare le persone che restano al di fuori degli strumenti di credito tradizionali, che spesso si affidano appunto ad algoritmi. Lo spirito del microcredito è invece quello di aiutare le persone, dando loro fiducia e conoscendole non solo dal punto di vista rigidamente tecnico, ma anche sul piano personale e umano.