Riflessioni

Mondi “nuovi” digitali

La trasformazione innescata dal digitale è come quella dell’energia elettrica: è pervasiva, investe “tutto”, riguarda il modo di pensare oltre che il mondo del fare. Lasciando ai posteri il compito di decidere se quella digitale sia o meno una rivoluzione, possiamo concentrarci su quali siano gli effetti nella cognizione, nel lavoro, nel consumo nella psicologia, nelle forme di socializzazione e nelle rappresentazioni di una realtà in cambiamento continuo, individuali o collettive che siano. Il digitale è tante cose assieme, uno strumento, un media, un ambiente, un linguaggio. Ha una grande capacità di generare e trasformare praticamente tutta la realtà che conosciamo. Aumentano in maniera straordinaria le potenzialità dell’uomo nel suo fare ed è in grado di generare nuove realtà, e nuovi gradi di realtà. Lo stesso reale si può sdoppiare nel virtuale o nel sintetico (Cit. Accoto), e con il digitale esiste anche il mondo virtuale e si può allungare la permanenza in vita di chiunque, o creare molecole sintetiche da testare su virus, sintetici anche loro. Il digitale secondo alcuni potrebbe salvare il mondo dal rischio climatico, liberare l’uomo dal lavoro, o almeno dai lavori più pesanti. Il mondo digitale si basa sulla dematerializzazione delle cose, convertite in byte, pixel e voxel, i pixel tridimensionali della realtà aumentata. Le cose che esistono sono solo quelle digitalizzabili: Sergio Bellucci, uno che di digitale se ne intende, usa la metafora della tramoggia per descrivere l’effetto del digitale sulle cose del mondo.

Infosfera: “Lo spazio semantico costituito dalla totalità dei documenti, degli agenti e delle loro operazioni”.
L. Floridi

La tramoggia è uno strumento fatto a cono rovesciato, serve per selezionare i semi sulla base della grandezza e del peso. Questo processo di “trasformazione” con la tramoggia digitale scarta quello che non si trasforma in byte: l’effetto del lavoro della tramoggia è che esiste solo quello che è digitale, o digitalizzabile. Il reale quindi è quello che si vede e si trasferisce, comprende sia il reale concerto che il reale virtuale e si definisce in uno spazio aumentato inedito, quello che Floridi chiama infosfera, fatto di reali diversi e spesso, ma non per forza, complementari. Ci sono effetti collaterali e conseguenze, non è indolore né per ora definibile, crea un ambiente con una velocità maggiore a quella che serve alle persone che lo abitano di comprenderlo e regolarlo. Crea grandi illusioni e distopie altrettanto grandi, polarizza e genera disuguaglianze procedendo su trend che sono esponenziali. E tra le altre cose, riprendendo ancora Bellucci genera “un crescente aumento delle potenzialità tecno-scientifiche a disposizione dell’umanità”, in tutti i campi dell’agire umano, dal profit al terzo settore. Potenzialità non vuole dire automaticamente accessibilità. Il digitale polarizza e accentua le disuguaglianze, perché implica competenze che sono sempre da aggiornare. Il tema della transizione è forse il modo più appropriato per addentrarsi nel presente del digitale, senza restare intrappolati nel “presentismo”.  Cogliere il tema della transizione consente di ragionare su questi processi che si possono modificare o il cui esito non è deciso. In altri termini, rimette al centro del discorso pubblico il tema del futuro, della direzione di un processo che riguarda tutti e va oltre il singolarismo con cui progettiamo il nostro presente. Il futuro torma ad essere progetto ed assieme direzione sostenibile. Ed il digitale torna ad essere quello per cui è stato inventato, uno strumento a disposizione.

Diego Castagno

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