Attualità

In Italia delude la raccolta Fintech

di Caterina Garda

Bottino scarso per il Fintech italiano nel 2017. Lo scorso anno, il settore ha raccolto circa 30 milioni di euro di finanziamenti tra business angel, venture capital, gruppi bancari e società del risparmio.

Il grosso di questa cifra, calcolata dall’agenzia stampa Adnkronos sulla base di quanto reso pubblico dalle singole società, è andata a Satispay, la start up dei micro-pagamenti senza carte, che lo scorso anno ha chiuso un aumento di capitale da 18,3 milioni.

Buon piazzamento anche per Homepal, portale per la compravendita di case tra privati, che ha raccolto 2,6 milioni, e per Borsadelcredito.it, la società di piccoli prestiti peer-to-peer, che ha concluso a dicembre un round da 1,6 milioni. Finscience, software per la raccolta e analisi di dati rivolto a operatori finanziari, ha raccolto un milione di euro; la stessa cifra è andata a Yolo, l’operatore assicurativo “temporaneo” totalmente digitale. Si scende sotto il milione di euro nelle operazioni delle tante altre piccole e medie startup del settore, tra cui Growish o Walliance.

Se si include nella lista un player come Soldo, che è italiano solo per la nazionalità del suo fondatore, Carlo Gualandri, il saldo della raccolta complessiva del fintech Made in Italy sale a 40 mln. In questo caso, però, si tratta di un finanziamento da 11 milioni di dollari quasi interamente versati da Accel, uno dei principali acceleratori a livello internazionale. Senza contare che Soldo ha la sua base operativa a Londra. La cifra raccolta dal settore in Italia rappresenta un’inezia rispetto a quanto ha raccolto il fintech europeo.

Secondo un report di Kpmg, al 30 settembre 2017 i finanziamenti dei grandi venture capital in Europa ammontavano a 647 millioni di dollari contro i 419 milioni delll’intero 2016. Se si amplia la platea all’intero mondo del ‘tech’, stando ai calcoli Dealroom.co, il 2017 si sarebbe chiuso con balzo del 36% degli investimenti da venture capital, pari a 19,8 miliardi per 4.227 operazioni. Di questi, 7,5 miliardi sono andati nel Regno Unito, 2,8 miliardi alla Germania, 2,5 miliardi a Francia, 1,7 miliardi a Svizzera.

L’Italia è il fanalino di coda, con meno di 100 milioni di euro, sempre secondo Dealroom, concentrati, appunto, su Satispay.

«Ci sono grandi opportunità e non bisogna perdere il treno», osserva Fabio Brambilla, presidente di Assofintech. «La prima cosa è adeguare le normative italiane dedicate alle aziende innovative a quelle degli altri Paesi europei». Quanto ai “magri” investimenti al settore, «da noi si possono sfruttare i Pir per colmare il gap con gli altri Paesi, aprendoli alle start up innovative».

Sarà senz’altro “dirompente” nel panorama italiano l’avvenuto recepimento della direttiva Psd2 sui pagamenti, che uniforma le regole e crea un mercato integrato dove i nuovi operatori possono interagire con le banche e avere accesso a diverse informazioni sui clienti, dalle transazioni al saldo del conto corrente. Insieme al mondo dei finanziamenti, è sul payment che l’industria italiana del fintech può iniziare a fare la differenza.

Già oggi, secondo la ricerca “start up Fintech 2016” dell’Osservatorio Digital Finance del Politecnico di Milano, la categoria più numerosa di start up del settore è quella dei servizi di banking (gestione del conto, finanziamenti e pagamenti) che pesa per il 60% del totale e ha ricevuto la più grossa fetta di finanziamenti a livello globale: su 25,7 mld di dollari di raccolta complessiva, il 73% è finito nelle casse della categoria, quasi 19 miliardi.

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