Intervista

Mole Urbana: il quadriciclo è il futuro?

Articolo in collaborazione con OrlandoMagazine e Torino al Centro

La sfida per cambiare la viabilità e migliorare la vivibilità delle nostre città, senza dimenticare di renderle più sostenibili ambientalmente, ha avuto inizio e per raggiungere questi obiettivi pare chiaro che il volume del traffico su gomma andrà ridotto. E se, oltre a questo, riducessimo anche le dimensioni dei veicoli che popolano le nostre strade?

Una questione interessante di cui abbiamo avuto modo di discutere con un imprenditore in prima linea per agire concretamente su questa situazione, Umberto Palermo, l’ideatore di Mole Urbana, ovvero un quadriciclo elettrico pienamente sostenibile.
Ma da cosa nasce il progetto e di cosa si tratta? Così esordisce il nostro intervistato: “Io per formazione sono un designer e non un ingegnere ed ho a lungo lavorato disegnando prodotti industriali ed auto di lusso fuori serie, per clienti con gusti particolari. È stato proprio disegnando questi speciali veicoli che mi sono reso conto della necessità di ripensare il trasporto urbano, ormai da tempo in una fase stagnante e con la necessità di una rivoluzione: ai miei occhi questa poteva essere rappresentata dal quadriciclo, uno dei mezzi di trasporto meno esplorati”.
Un percorso non scevro di ostacoli quello scelto dal nostro designer che però non si è arreso di fronte al fatto che: “Sfortunatamente la costruzione di un impianto produttivo in grado di dar vita ad un’auto o ad un quadriciclo ha un costo stimato di circa 1 miliardo di euro, una cifra completamente al di fuori della portata dei più me compreso, dunque è stato necessario ripensare dal principio la modalità di produzione, tenendo sempre da conto la necessità di creare un modello pienamente sostenibile. È stata recuperata infatti la nano-fabbrica dello stabilimento ex-Stola, chiuso da più di un decennio, a Rivoli, dove si concentra una discreta parte dell’attuale produzione. Ma c’è di più: gli impianti produttivi per come sono stati realizzati (non ci dilungheremo in complessi dettagli tecnici, ma possono fare a meno degli stampi) in un modo tale da poter essere replicati facilmente in altri luoghi e dunque la produzione di questi veicoli è di per sé già pronta per un’espansione che segua il modello Ikea, ovvero di produzione in loco per evitare i costi di trasporto. Non una cosa da poco, tanto che taluni ne hanno parlato addirittura come di una nuova rivoluzione industriale. Quel che è certo è che da design house ormai siamo divenuti produttori a tutti gli effetti, con tanto di certificazioni Dekra”.
Non è stato, comunque, solo il metodo di produzione a cambiare: “In genere il prototipo di un veicolo viene tenuto segreto sino alla fase di produzione, invece io ed il mio team abbiamo scelto di condividere con il pubblico le nostre idee con l’obiettivo di ricavarne dei feedback che potessero aiutarci a migliorare i nostri modelli di Urbana, seguendo al massimo le opinioni dei possibili compratori. Un esempio sono le dimensioni che negli ultimi mesi abbiamo deciso di ridurre ulteriormente dopo che all’esposizione presso il Salone Nautico di Venezia gli avventori erano convinti che si sarebbero trovati davanti una macchina più piccola di quella effettivamente presentata. Non solo, anche grazie ad investimenti esterni ed ai numerosi pareri, abbiamo deciso di non produrre un solo modello come ci si proponeva in origine, ma un’intera gamma. Questo ci ha anche dato la possibilità di buttarci nel mondo del delivery, sempre in crescita, progettando dei furgoncini adatti al trasporto ultimo miglio totalmente sostenibili. D’altronde la sostenibilità, va ribadito, è sempre stata al centro del nostro progetto, sin dai primordi e le consegne del cosiddetto ‘ultimo miglio’ sono la causa di oltre il 40% delle emissioni totali dei processi di distribuzione delle merci. In particolare il nostro furgone ha 4,4 metri cubi di contenimento, mentre un normale furgone, decisamente più grosso, 5, appena 0,6 in più”.
Un prodotto dunque polimorfo quello presentato da Umberto che tiene a sottolineare: “Una delle questioni su cui più abbiamo lavorato è la sicurezza. Il quadriciclo oggi è comunemente associato ad una maggiore pericolosità rispetto ad un’automobile, noi abbiamo fatto tutto il possibile per ridurre al minimo, se non azzerare, questo gap. Infatti non solo abbiamo adottato tutte le norme più stringenti, come necessario, ma abbiamo posto ulteriore attenzione andando ad investire ulteriormente a riguardo con l’installazione di airbag, ABS, e ponendo le batterie al di fuori dell’abitacolo, non solo rendendole più sicure, ma anche più semplici da sostituire durante il loro ciclo di ricarica, seguendo anche qui il feedback del nostro pubblico. Ma l’implementazione in questo campo che ci rende più fieri è stato rendere l’abitacolo stesso un Roll-Bar non lontano come concetto da quello della Formula 1, dove questa tecnologia ha salvato la vita a decine di piloti”.
Un progetto che è nato a partire dal design: “Abbiamo curato a lungo la progettazione sia degli esterni che degli interni sempre a partire dalla comodità e dall’efficienza e, nonostante ci venga chiesto spesso, non ci siamo ispirati alle carrozze anni ’20 per il design interno, ma piuttosto abbiamo agito per ridurre al minimo il peso rimuovendo ogni parte non fondamentale ed utilizzare i materiali più economici e sicuri disponibili. Gli interni invece sono curati in legno e predisposti sia per portare più passeggeri che per convertire facilmente i posti non occupati in depositi per gli eventuali bagagli. Ogni modello della gamma avrà poi funzionalità ben specifiche che lo renderanno particolarmente adatto ad un tipo dai veicoli leggeri per il comune cittadino a quelli più pesanti per i corrieri, tutti accomunati da un’autonomia che sarà sempre e comunque superiore ai 180km. Sfortunatamente le leggi sono molto strette sulle limitazioni alla velocità di questo tipo di veicoli e dovremo attenerci pedissequamente ad esse, ovviamente, quindi nessuno di questi potrà viaggiare, quantomeno in un futuro vicino, in autostrada, né superare i 90 km/h”.
“Una novità importante – aggiunge poi Palermo – è anche l’associazione di questo progetto agli NFT, che saranno acquistabili separatamente dalle auto e ne garantiranno in un certo qual modo l’originalità, soprattutto per quanto riguarda la colorazione della livrea. Ancora, una precisazione necessaria riguarda il nome: nonostante il termine Mole non possa che riportare alla mente la città di Torino, Urbana non c’entra nulla con la città se non per i luoghi di produzione situati nei suoi pressi (Rivoli ed Orbassano), ma Mole fa parte del nome originario della mia azienda, una sorta di tributo ad una città che mi ha dato ed ancora mi sta dando moltissimo dal punto di vista professionale”.


In conclusione ci soffermiamo poi sull’effettiva disponibilità ed a che punto si trovi dunque il lavoro: “Al momento i preordini non sono ancora aperti dacché un veicolo richiede 36 mesi per essere costruito ed i modelli in fase più avanzata sono al momento al 24° mese, ma dopo la presentazione tecnica che avremo a dicembre saranno possibili i primi preordini online. Per la vendita abbiamo infatti deciso di seguire il solco di Tesla e puntare sulla vendita online, pur con la possibilità di disporre degli showroom sul territorio per provare un veicolo, che rappresentando per il comune cittadino un discreto investimento, difficilmente potrà essere acquistato a scatola chiusa.
La nostra grande speranza è che il quadriciclo, che solo ultimamente grazie agli investimenti di Citroen è passato da appena 7000 modelli venduti all’anno a circa 40000, possa prendere il posto che merita nella scena della mobilità urbana, con tutti i benefici ecologici ed urbanistici che porta con sé in dote, questa è in un certo qual modo la nostra più grande scommessa. Noi puntiamo per ora a vendere circa 5000 Urbana per anno, ma le possibilità di espansione grazie al modello di produzione sono pressoché illimitate quindi non ci resta che stare a vedere cosa ci riserva il futuro, sperando che il mercato ripaghi i nostri considerevoli sforzi”.

Davide Cuneo

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