Editoriale

Chi possiede davvero la conoscenza?

Il tema del Festival Internazionale dell’Economia di Torino di quest’anno è “Chi possiede la conoscenza”, un argomento questo estremamente ampio e con ricadute, oltre che sulla stessa economia ovviamente, su pressoché ogni ambito della nostra vita.
La “conoscenza” è in effetti la caratteristica che forse può definire meglio l’umanità e da sempre raggiungerla e perpetuarla sono due dei punti focali della storia della civiltà, come ci ricorda anche il celeberrimo ritratto dantesco di Ulisse, disposto a perdere tutto in nome della scoperta.
La conoscenza va anche aldilà degli schieramenti politici: senza la conoscenza non esistono né le tradizioni, né il progresso, anche perché senza la conoscenza non può esistere nemmeno la società stessa.
Più complesso è capire che cosa sia davvero la conoscenza a cui si fa riferimento e chi possa effettivamente dire di essere in suo possesso. Il termine in generale potrebbe essere definito come la presenza nell’intelletto di una nozione, o un semplicemente dato acquisito. Ma questo implica un oggetto a cui la conoscenza dovrà necessariamente riferirsi; una conoscenza generica non può esistere a meno che non si parli di onniscienza, un qualcosa che comunque non è riferibile in alcun modo agli esseri umani e rientra invece decisamente nel campo del mistero e del divino. La conoscenza è quindi sempre qualcosa di astratto e inconoscibile, separata eppure strettamente connessa alla natura umana.
Ma allora si può davvero dire che qualcuno possieda la “conoscenza”? Probabilmente no, ma certamente alcuni ci si avvicinano più di altri. Evidentemente non sono le nozioni quelle a cui il tema del Festival fa riferimento. Il nostro cervello, quantomeno in teoria, è in grado di memorizzare una mole di dati ben superiore ai 23 terabyte che comprendono tutte le voci di Wikipedia, ma quello che ci permette di connettere queste informazioni tra di loro è ciò che ci rende unici e capaci di imprese grandiose: il pensiero critico. Si potrebbe quasi dire che ormai, in un tempo in cui hanno inizio le prime sperimentazioni di impianti neurali, come Neuralink di Elon Musk, questo tipo di conoscenza sia l’unico che valga davvero la pena di ottenere e coltivare. E, non a caso, è anche quello che ci differenzia dalle macchine e quindi dalle Intelligenze Artificiali, che si limitano ad analizzare e proporre milioni di simulazioni su moli altrettanto spaventose di dati per elaborare risposte alle nostre domande, ma non sono in grado di sviluppare, almeno per ora, un vero e proprio buon senso che permetta loro di valutare con precisione le situazioni in cui si trovano e la migliore risposta ad esse. Attenzione, però, non è scontato nemmeno per gli uomini sviluppare un pensiero critico che stimoli i nostri processi mentali e ci porti all’elaborazione di un pensiero raffinato, nonché di idee innovative che possano permettere alla nostra società di continuare a rinnovarsi e, contingenze geopolitiche permettendo, prosperare. Per farlo occorre uno sforzo non solo individuale, quello di mantenere la mente aperta alla curiosità e al mondo attorno a noi, ma anche collettivo, onde permettere a quanti più possibili di accedere alla possibilità di raggiungere quest’importante meta.  

Andrea Araldi