Contributi

I contadini e l’innovazione

di Miguel Scordamaglia

C’è un detto popolare che afferma che i contadini hanno le scarpe grosse e il cervello fino. Chi legge si domanderà che cosa c’entra questo detto con l’innovazione. O più precisamente con la diffusione dell’innovazione. Vediamolo insieme.

Verso la fine del XIX secolo studiosi francesi, austriaci e tedeschi – sociologi antropologi e geografi – iniziarono per la prima volta a studiare il concetto di diffusione dell’innovazione. Successivamente queste ricerche proseguirono nell’America degli anni ’20 e ’30 del secolo scorso. In concomitanza con l’avanzamento tecnologico nel settore agricolo, si è iniziato ad analizzare le modalità con cui i contadini indipendenti adottavano sementi ibride, equipaggiamenti e nuove tecniche ideate da utilizzare in agricoltura.

Negli anni ’40, negli Stati Uniti, venne fatto uno studio più specifico su una nuova tipologia di sementi, più resistenti e con maggior rendimento. Si scoprì che i contadini dell’epoca incorporavano quelle sementi nella propria produzione rispettando una determinata logica che contava delle percentuali di adozione all’inizio basse e poi crescenti fino a coprire l’intero mercato di riferimento.

Nel 1962, Roger Everett, un professore di sociologia rurale, nel suo lavoro “Diffusion of innovations” (Diffusione delle innovazioni) ha ampliato l’analisi dal settore agricolo a tutta un’altra serie di settori di riferimento che andavano dall’educazione, all’industria e alla medicina, sviluppando una teoria sull’adozione delle innovazioni da parte delle persone e delle organizzazioni.

Osservando il fenomeno del meccanismo di adozione delle innovazioni, Everett ha confermato che esisteva una struttura che, testata anche in altri settori di riferimento, presentava sempre una distribuzione del tutto simile.

La parte della sua teoria, nata proprio dal settore agricolo, che qui ci interessa analizzare è quella relativa alla curva di adozione delle innovazioni da parte delle persone e delle organizzazioni.

In sostanza, la teoria identifica una serie di gruppi di riferimento che mostrano comportamenti di adozione omogenei di fronte alle innovazioni proposte, così caratterizzati:

1. Innovators – Enthusiasts

Un primo 2,5%, definito Innovatori o Entusiasti, che si appassiona alla nuova proposta e adotta in modo sperimentale l’innovazione. Si tratta di persone che vogliono assumersi dei rischi, appartengono ad un elevato strato sociale, dispongono di liquidità, sono in contatto con ricercatori e interagiscono con altri innovatori. Le motivazioni sono principalmente quelle di chi è un pioniere: vuole essere il primo, vuole avere la novità, vuole sfruttare l’innovazione proposta prima degli altri e da ciò trarre un vantaggio. Il contraltare è che è disposto a sopportare che il prodotto presenti delle criticità, possa non funzionare perché non è stato ancora stato ben testato, sia caro, ma ciò non scoraggia il nostro valente esploratore e ricercatore di novità.

2. Early Adopters – Visionaries

Un secondo 13,5%, definito Utilizzatori precoci o Visionari, sono coloro che hanno capito le potenzialità dell’innovazione e intendono adottarla perchè ci credono e sanno che potranno trarne un vantaggio competitivo, ma sono più attenti nel decidere di adottare o meno una innovazione rispetto agli innovatori perchè vogliono mantenere alta la loro “reputazione comunicazionale”. Si tratta di persone che hanno un elevato stato sociale, liquidità finanziaria, ottima educazione e sono socialmente evoluti rispetto alle restanti categorie.

3. Early Majority – Pragmatists

C’è poi un successivo 34%, definito Prima maggioranza o Pragmatici, che capisce che l’innovazione migliora effettivamente l’attività per cui viene utilizzata e si rende conto che fondamentalmente è arrivato il momento di adottarla, senza aspettare ulteriormente per coglierne i benefici che essa offre. Questa categoria adotta l’innovazione proposta dopo un periodo di tempo variabile, ma che è significativamente più lungo rispetto agli Innovatori e agli Early adopters. La “Prima maggioranza” ha uno status sociale superiore alla media, è in contatto con gli Early adopters e raramente può annoverarsi tra gli “opinion leader”.

4. Late Majority – Conservatives

Continuando nella curva troviamo un ulteriore 34%, detto Maggioranza ritardataria o Conservatori, che adotta il prodotto in quanto si rende conto che ormai la diffusione è tale che il prodotto non presenta rischi particolari e la probabilità di malfunzionamenti o difetti dovuti alla novità è quasi del tutto scongiurata, oltre che, nel breve periodo, le vecchie soluzioni non saranno più disponibili sul mercato. Adottano una innovazione dopo la maggior parte del resto della società. Questi individui affrontano una innovazione con un alto grado di scetticismo. La Maggioranza ritardataria è in genere scettica nei confronti di un’innovazione, ha uno status sociale inferiore alla media, poca liquidità finanziaria ed è in contatto con altri del proprio gruppo e con coloro che fanno parte della Prima maggioranza. Tendenzialmente non si possono considerare “opinion leader”.

5. Laggards – Skeptics

Nella parte finale della curva troviamo un rimanente 16%, definito anche Ritardatari o Scettici. Sono gli ultimi ad adottare un’innovazione. Sono quelli che adottano una innovazione, che ormai non lo è più, quando non sono più disponibili sul mercato le soluzioni precedenti. Comprano un lettore di DVD quando non si trovano più sul mercato i videoregistratori VHS, ma Netflix non sanno neanche cosa sia. Questi individui hanno, in genere, un’avversione verso gli agenti di cambiamento. I Laggards tendono a concentrarsi sulle “tradizioni”, appartengono allo strato sociale più basso della popolazione, dispongono tendenzialmente di scarsa liquidità finanziaria e sono in contatto solo con familiari e amici intimi.

Rogers Everett (1962) Diffusion of innovations. Free Press, London, NY, USA

Riepilogando.

La diffusione delle innovazioni secondo Rogers individua gruppi successivi di utilizzatori/consumatori che adottano una nuova tecnologia (mostrata in blu), la rispettiva quota cumulata di mercato (curva gialla) che raggiungerà infine il livello di saturazione. La curva blu è suddivisa nelle diverse categorie descritte. In realtà tutti noi ci posizioniamo nei vari punti, e in tempi diversi, all’interno della scala presentata, ma ciò che la teoria della diffusione delle innovazioni ci dice è che se vogliamo ottenere il successo di massa con un prodotto, un servizio e, perchè no, una idea non lo possiamo raggiungere finché non abbiamo superato il punto di svolta che si trova tra il 15 e il 18 per cento di penetrazione del mercato.

Dopodiché il sistema svolta perché abbiamo oltrepassato quello che viene definito il livello di massa critica.

Per avere conferma del successo della nostra innovazione, questa piccola differenza dev’essere colmata e, come ci avverte Jeffrey Moore, bisogna “attraversare l’abisso”: la “Early majority” o Prima maggioranza, infatti, non proverà la nostra innovazione finché qualcun altro prima di lei non l’avrà provata, verificandone la bontà.

Con questa consapevolezza, dobbiamo prima rivolgerci agli Innovatori e agli Utilizzatori precoci, persone che hanno la predisposizione a prendere decisioni d’impulso. Si sentono più a loro agio nel prendere queste decisioni d’istinto guidate da ciò in cui credono del mondo, al di là di quale prodotto, servizio o idea sia disponibile.

Per una start up, ma anche per una qualunque impresa, che voglia comprendere e conquistare il proprio mercato è fondamentale conoscere lo scenario esposto. A seconda del prodotto, servizio o idea che intende proporre deve sapere che, quando presenterà una proposta innovativa, la platea di clienti che sarà inizialmente interessata non supererà mai, prima un 2,5% e poi un 16% del totale dei potenziali clienti.

E quindi qualunque organizzazione o singolo individuo, che intenda offrire una innovazione al mercato o al pubblico, dovrà tenere conto della teoria della diffusione delle innovazioni e andare a cercarsi prima gli Innovators e poi gli Early adopters, senza mai scoraggiarsi di fronte ad un rifiuto. Solo dopo avere parlato con un numero sufficiente di potenziali clienti o utilizzatori potrà decidere se l’innovazione può avere successo oppure no.

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